Questa sognatrice un po' stramba
Mi chiamo Nadia Toffanello, sono nata a Vercelli nel 1973, e ho studiato come ragioniere programmatore e perito commerciale. Ho lavorato a lungo in studi di consulenza contabile, ma non sono mai stata davvero a mio agio fra i numeri, forse a causa della mia fervida immaginazione. Da ragazzina mi piaceva illustrare le storie e metterle su carta, immaginavo mondi fantastici e tante avventure, però da "grande" ho rinunciato al sogno di scrivere. Be', "avevo". Perché poi i sogni nei cassetti, se sono davvero importanti, bussano per uscire e va a finire che a volte mettendo ordine te li ritrovi lì a guardarti e a dirti "e io?".
Io credo che per scrivere ci voglia coraggio. E per "scrivere" non intendo buttare giù qualcosa e poi tenerlo lì, in una cartella del computer su cui ogni tanto si butta l'occhio e si pensa "prima o poi ci metterò le mani e allora..." No, no io voglio dire scrivere per essere letti da qualcuno.
Proporre l'opera, che sia un racconto o un probabile libro, e sottoporlo al giudizio di eventuali lettori e di una Casa Editrice, richiede una certa sicurezza e un po' d'audacia. Scrivere significa mettere i propri sentimenti a disposizione di estranei, e non è facile, perché in tutto ciò che si scrive c'è molto dell'autore: un punto di vista, una descrizione, un personaggio, un'emozione vera. L'opera stessa secondo me è qualcosa che si crea con passione, con buona parte del cuore, spesso con tutto, qualcosa in cui si crede insomma, una parte di noi. Almeno per me è così ecco perché il giudizio esterno mi mette sempre paura, è quasi come aprire il cuore a qualcuno, mettendosi a nudo.
Ecco, ci vuole coraggio per farlo, e io quel coraggio non l'ho mai avuto. Ho sempre ritenuto di non essere all'altezza.
Da qualche tempo ho iniziato a collaborare con una cara amica per qualche traduzione e lo sghiribizzo di scrivere ha fatto capolino dai meandri del mio cervello, stuzzicandomi. Anni fa, come dicevo, buttavo giù qualche racconto, ma avevo smesso convinta che fosse solo un sogno, di quelli da lasciare ben chiusi nel cassetto di cui sopra, di quelli se poi non si realizzano ti fanno male. Sull'onda della vena creativa e con un po' di coraggio, ho partecipato al Concorso delle Casa Editrice le Mezzelane inerente la violenza sulle donne. Mi sono buttata facendo appello a tutto il coraggio che ero riuscita a racimolare e alla voglia di raccontare una storia che sentivo borbottare dentro di me.
Prima di conoscere il verdetto di pubblico e giuria, le sensazioni provate scrivendo quella storia, continuavano a girarmi in testa. Così, a caldo, ho deciso di scrivere un intero libro, raccontandomi che comunque scrivere mi faceva bene. Il che era vero, mi ha aiutata a superare gli attacchi di panico. Immergermi nella storia che scrivevo era terapeutico, un po' come nel volume lo è per la protagonista, seppure le sue vicende fossero molto lontane dalle mie, riuscivo a immedesimarmi, quasi vivendo un'altra vita. Qualcosa ci univa: la volontà di migliorare, di essere più coraggiose, e di lasciarsi le paure alle spalle. Tuttavia, in fondo al cuore, il sogno di vedere, un giorno, quel libro pubblicato iniziava a emozionarmi sempre di più e allo stesso tempo avevo paura di crederci. Approfittando dell'attimo di coraggio ho partecipato anche a un altro concorso letterario, indetto dal blog "Le Tazzine di Yoko" e il mio racconto distopico/fantascientifico è arrivato primo e presto sarà pubblicato in una raccolta.
Il coraggio è stato premiato anche per quanto riguarda il concorso della Casa Editrice Le Mezzelane e, con mia grande sorpresa, il mio racconto si è classificato al primo posto a pari merito. Pertanto ho avuto la possibilità di proporre il volume alle Mezzelane, per la pubblicazione, ovvero uno dei premi. Per me il più ambito, per dirla tutta.
Non pensavo di vincere, non pensavo che i sogni si realizzassero, ma ho imparato che a volte i sogni hanno bisogno che qualcuno creda in loro e che lo faccia attivamente e anche di un momento di audacia. Il momento della premiazione è stato entusiasmante e ho apprezzato molto che con me ci fosse mia madre, è stato bellissimo vederla orgogliosa per la sua figlia stramba e creativa. Il fatto che il pubblico e una giuria lo avessero apprezzato a tal punto mi ha fatto capire che in fondo, forse, non sono poi così malaccio come probabile autrice.
L'opera
che ho proposto, "La ragazza di Koros", parla della
violenza sulle donne, come ho accennato, però è anche una
bellissima storia d'amore. Racconta di una donna, una sopravvissuta,
che fugge dal marito per rintanarsi su un'isola greca, a casa della
migliore amica d'infanzia. E sarà proprio lì che conoscerà un uomo
del tutto diverso dal marito violento, eppure ciò che la
protagonista ha vissuto è talmente traumatico da impedirle di vivere
appieno il sentimento che si sta facendo strada nel suo cuore.
Azzurra, la protagonista, mette giù nero su bianco le violenze
subite, una sorta di racconto-flashback che piano piano fa luce sui
suoi comportamenti altrimenti inspiegabili. Quasi una storia nella
storia. È stato bello scriverlo, immedesimarmi in una donna che non
sono, un personaggio che ho sentito profondamente mio. E non ho più
smesso di scrivere, eh!
Un breve estratto dell'opera:
"Quando arrivai in Grecia, armata solo dei miei documenti, dell'indirizzo di Delia e di quella forza interiore che nasce spesso dalla disperazione, mi parve di trovarmi in un posto irreale. I colori erano così violenti e vividi da travolgermi, così come il profumo del mare, dei fiori; sembrava un posto dove il sole avrebbe impedito alle cose brutte di accadere. Il viaggio in traghetto era stato in egual misura tonificante e risolutivo. Come se l'aria fresca che sferzava il mio viso mi rinvigorisse lo spirito, allontanandomi da tutto ciò che non potevo più sopportare. Che non volevo più sopportare. "
Una piccola citazione:
"Siamo granelli di sabbia, tanti, tantissimi e la marea a volte ci accarezza, ci sommerge e poi ci lascia andare, la vita ci calpesta, il sole ci scalda e non possiamo fare altro che vivere al meglio, cercando di goderci i momenti migliori."
Perché questi personaggi?
Il personaggio di Azzurra (La ragazza di Koros) è scaturito proprio dal racconto vincitore del concorso, pensavo a una donna con molte fragilità ma che possedesse una forza interiore in grado di venire fuori poco a poco. E riga dopo riga è "nata" Azzurra. Per quanto riguarda Simone, il personaggio maschile, ho pensato a un uomo affascinante, mai aggressivo, ironico, un po' scanzonato. Una specie di rubacuori che non sa di esserlo. Uno uomo, insomma, con la u maiuscola ma anche con una sensibilità quasi femminile e un'invidiabile forza d'animo. Andavo a dormire con queste idee in testa e il giorno dopo le trasponevo su un foglio elettronico, come se i personaggi stessi volessero vivere, essere raccontati e chissà, magari anche amati.
Un po' di me:
I miei hobby sono leggere, e aggiungerei anche scrivere, ascoltare musica, guardare film e serie TV, e stare in compagnia dei miei amatissimi gatti. Proprio a uno di loro, che ho perso durante gli ultimi della stesura dell'opera, ho dedicato il romanzo stesso.
Il mio motto:
Non cedere, non arrendersi, anche quando le cose sembrano andare malissimo non demordere: potrebbero anche andare peggio, in fondo.